domenica 8 gennaio 2012

Metal Camp 2011


Report: Luke
Credits photo: Nina Ramirez


Metal Camp 2011 giovedi 14




Arriviamo nel ridente paesino tra i monti che corrisponde al nome di Tolmin anche conosciuto come paradiso dove per una settimana all'anno si scatena l'inferno, ovvero: il Metal Camp. Purtroppo per impegni lavorativi non riusciamo a giungere prima di giovedì 14 in Slovenia, ma comunque ci sono ancora molti gruppi da vedere. Dopo aver montato il campo base in mezzo alla vegetazione ci avviamo verso il palco, purtroppo arriviamo che i Rising Dream stanno ultimando la loro performance. Poco più tardi sul second stage si presentano gli Illuminata dall'Austria, la premessa è quella di un gruppo Gothic metal in stile Nightwish con ben due cantanti femminili, che purtroppo non posseggono i requisiti adeguati per sostenere uno show, la musica del gruppo è parecchio banale e le ragazze spesso stonano e non sono in grado di tenere la scena, magari in futuro con un po' più di concerti alle spalle e magari meno imbarazzo potrebbero rivelarsi un buon gruppo, potrebbero. Dopo una sana passeggiata per arrivare al main stage possiamo finalmente gustarci uno dei primi gruppi seri della giornata: The Ocean, che forti del nuovo cantante e del loro metalcore quadrato e ben articolato con stop'n'go e passaggi da distorto a pulito cominciano ad infuocare l'animo degli astanti che cominciano ad accrescere, il setlist è quasi tutto incentrato sull'ultima fatica discografica Anthropocentric


                                                                      THE OCEAN






Dopo un rapido cambio palco ecco arrivare la band più divertente del festival i Trollfest, vestiti di pellicce e truccati da antichi popoli guerrieri del nord, i Troll dalla Norvegia ci assaltano con un folk metal di tutto rispetto, il cantante per le prime canzoni è mascherato da bottiglia di birra, chiaro segno del loro amore per l'alcool. La voglia di far festa del pubblico è alta e i Troll sanno come far divertire i loro fedeli. Probabilmente col senno di poi si potrebbe notare che i loro brani si assomigliano un po' tutti, molti sono estratti dall'ultimo En Kvest For Den Hellige Gral e come è giusto che sia la chiusura della festa è stata affidata alla splendida Der JegerMeister


                                                                      TROLLFEST







Dopo un lungo soundcheck, dalla Germania con furore arrivano i cavalieri dell'apocalisse, Die Apokalyptischen Reiter, presentandosi con una scenografia da vecchio film horror anni '20. La tastiera di dr.Priest è mascherata da scatola degli orrori con parti umane in bella vista, lo spettacolo si apre con The Boten, Gib dich hin, Erwach, tutte tratte dal loro ultimo album Moral & Wahnsinn. Viene praticamente ignorata tutta la produzione iniziale dei cavalieri, il setlist verte completamente sul materiale post Riders on the Storm, ovvero gli ultimi tre album, il gruppo vanta un'ottima perizia tecnica nel riproporre i loro brani in sede live, Fuchs è un frontman incredibile per via del carisma e della sua simpatia, non smette per un momento di incitare il pubblico, l'apice viene raggiunto durante Revolution con tanto di bandiere gialle con la DAR. Il concerto scorre veloce verso il finale, c'è tempo per un ultima pagliacciata e dopo una breve pausa sale sul palco un losco figuro con maschera antigas e un fucile fumante, i nostri tornano sul palco con tenute militari e il frontman viene eretto sullo stage vestito da papa.


                                                    DIE APOKALYPTISCHEN REITER







 Cominciano a calare le tenebre su Tolmin quando i finlandesi Kalmah cominciano a calcare il palco, il pubblico accorso in massa per il concerto esprime tutto l'amore per questa band che ricambia con una performance di spessore. Il gruppo è un po' statico ma la perizia esecutiva è ottima, i suoni sono ben calibrati, il loro setlist spazia in tutta la discografia, il pubblico va in delirio sulle note si Swamphell, il frontman chiede aiuto al pubblico per i cori di They Will Retur, la conclusione è affidata a For the Revolution con tanto di ragazza vestita da vecchio barbuto (richiamo presente su tutte le loro copertine) che sale sullo stage. 


                                                                          KALMAH





Nel mentre sul second stage si stanno esibendo i Vulture Industries, band norvegese dedita all'Avant-garde, su cd si avvicinano al sound dei capostipiti Arcturus. Il loro look: camice bianche con macchie di sangue e pantaloni neri con bretelle potevano sembrare degli hooligans, purtroppo causa accavallamenti di orari siamo riusciti ad assistere solo a una piccola parte di concerto, comunque sicuramente da rivedere. Veniamo ora alla nota dolente del festival, ora le mie parole porteranno odio nei miei confronti ma purtroppo bisogna essere realistici, il tempo passa per tutti e soprattutto per chi la musica estrema l'ha praticamente inventata. Gli Slayer irrompono sul palco con un paio di canzoni dal disco nuovo: tantissima gente comincia a pogare ed urlare, alla seconda chitarra al posto del povero Jeff Hanneman, troviamo un brillante Gery Holt prestato dagli Exodus, Tom è in buona forma e canta abbastanza bene anche se il materiale proposto non è di buona qualità, il volume è estremamente alto penalizzando così la distinzione dei vari strumenti, Lombardo è decisamente troppo alto e le sue rullate spesso vanno a coprire tutti gli altri, oltre tutto arrivati a War Ensemble ci si accorge che per Dave non è proprio serata cambiando i giri delle canzoni e semplificandole omettendo così degli stacchi per fare il pagliaccio alzandosi ogni 2 secondi, King invece imperterrito come uno schiaccia sassi continua a scuotere la barba. Le ventiquattro canzoni proposte viaggiano su tutta la loro discografia ed ecco ricomparire brani come The Antichrist, Postmortem, Payback, Dead Skin Mask, Black Magic, Stain of Mind, Dittohead. Il problema grosso come già detto in precedenza è che il tempo passa e gli Slayer di oggi purtroppo sono invecchiati. Tornando al second stage incontriamo dei loschi figuri tutti truccati che sbandierano lo stendardo Norvegese rovesciato: i Taake, che si accingono a mettere a ferro e fuoco i presenti, Hoest è in gran forma e la sua voce sempre più graffiante, i suoi siparietti con calci volanti mettono un po' in imbrazzo tutti, il gruppo è formato da musicisti provetti che sanno come mantenere via l'attenzione. Davanti a noi si stà mettendo in atto ciò che rimane del True Norwegian Black Metal, la classe non è acqua, brani come Doedsjarl, Voldtekt, Motpol, danno il via al massacro ma i veri lividi compaiono con Hordaland Doedskvad part I, e gli estratti da OverBjoergvin Graater Himmerik, Nattestid Ser Porten Vid. Le tre quarti d'ora a disposizione del combo norvegese volano via in un battibaleno lasciando tutti più che soddisfatti. 


                                                                           TAAKE







Questa volta dalla Svezia, ma sul main stage, sempre rigorosamente Black Metal con la comparsa dei Watain: il palco è gremito di croci rovesciate incandescenti e ovunque ci sono candele. I cinque di Uppsala fanno il loro ingresso, cosa si può dire su di loro... forse colpisce più il loro look che la loro proposta musicale, con questo non stò dicendo che suonano male ma che i loro brani in sede live risultano tutti un po' piatti, i loro riff a volte epici altre più brutali sembrano non decollare mai lasciando il gruppo su un limbo che amalia per la presenza e per gli effetti scenici ma che poco lascia all'ascoltatore di passaggio, la risposta del pubblico è ad ogni modo positiva e sembra aver gradito comunque. 


WATAIN





È l'una e mezza di notte la stanchezza comincia a farsi sentire ma stà per cominciare l'ultimo gruppo della giornata i più bizzarri in assoluto. Sulle note del tema di Star Wars quattro capre umane invadono il second stage: i Milking the Goatmachine che partono alla carica con Seven ovvero il comportamento da tenersi in presenza del nemico naturale il lupo! Questi ragazzi Tedeschi ci dimostrano come ci si può ancora divertire a suonare Brutal Death Metal a tinte Grindcore, la loro perizia tecnica è molto elevata anche considerando che le maschere da capra non consentono una visibilità decente, il cantante del gruppo è anche il batterista che sfoggia una buona destrezza col blastbit e col growl. Nel loro setlist c'è anche spazio per un omaggio al loro amico Max Cavalera con una cover dei Nailbomb, i chitarristi e il bassista si muovono sul palco come un gregge, e questo da una marcia in più alle capremeccaniche. Ding Dong, Beware of the wolf, Here comes uncle wolf, Back from the Goats, The Wolf is Dead, scatenano il pubblico in poghi selvaggi fino alla chiusura che viene affidata a Bingo Bongo – I don't want to Leave the Congo che si conclude con il chitarrista che accenna l'incipit della marcia imperiale di Star Wars. La nostra prima giornata del Metalcamp si conclude con un po' di amarezza nei confronti delle vecchie glorie in decadenza e con un buon auspicio per i giovani promettenti.
 
Metal Camp 2011 venerdi 15

Dopo una nottata burrascosa che ha rinfrescato il clima di Tolmin ci prepariamo a vivere una gran bella giornata di metal. Ad aprire la giornata sul main stage ci sono gli sloveni Kreation Kodex, il loro compito di apri pista lo svolgono alla perfezione, con un death metal sperimentale che strizza l’occhio a sonorità goth/dark, per capirci sullo stile dei Crematory; dall’austria i nostri vicini di tenda si accingono a calcare il palco, gli Heaven Gray, gruppo di ragazzotti fan di un death metal melodico doomeggiante e per doom si prende solo la lentezza d’esecuzione dei brani, statici che più non si può e come loro lo stesso sound fossilizzato dai primi novanti a tratti bolt thrower a tratti obituary ma sempre poco fresco riescono ad ingrigire la giornata ai più. Molti ora penserebbero dalla Russia con amore, ma di amore c’è solo quello per il folk, gli Arkona e la loro carica di energia va ad investire Tolmin, la biondissima Masha non fa altro che saltare ed incitare il pubblico per tutto il tempo della loro performace, donando una prestazione canora da brividi passando da registri puliti a growl gutturali da far impallidire parecchi colleghi maschi. Vladimir si dimostra essere una marcia in più per il gruppo suonando flauti di pan e cornamuse, Sergei macina riff come un muro e la sessione ritmica di Vlad e Ruslan fanno il resto, la macchina Arkona è ben oliata anche grazie i parecchi tour alle spalle quali Pagan fest e Heidenfest su tutti. Dalla Grecia arriva un sound violento e tipicamente anni ottanta, i Suicidal Angels , questi quattro ragazzi thrasher hanno un assalto brutal col pubblico che apprezza aprendo un mosh non indifferente sotto il palco. I musicisti sono molto preparati tecnicamente i soli sono ben piazzati e i ritornelli fanno la loro parte ma purtroppo si sente sempre la presenza ingombrante di padri fondatori sulle spalle, molte loro canzoni ricordano da vicino gli Slayer , altre i Testament e gli Exodus, un buon thrash per gli amanti del genere e un gruppo preparato ma purtroppo per i non amanti del genere dopo una manciata di tracce il loro concerto comincia ad essere ripetitivo. 


                                                               SUICIDAL ANGELS






Tempo di mangiare un ottimo kebab che è già ora dei big della serata, gli In Extremo grandi maestri del folk con la bellezza di due cornamuse, due chitarre, un basso, una batteria, un cantante e un poli strumentista e con i loro lanciafiamme invadono il palco principale di Tolmin. Per fortuna della band una grossa fetta di pubblico è madrelingua tedesca, quindi il novanta percento delle canzoni viene cantato a squarcia gola dagli astanti, tutti gli altri improvvisano un grammelot pur di entrare a far arte della festa. Bisogna ammettere che l’impianto scenico dei tedeschi è davvero massiccio, essendo anche molto numerosi riescono a riempire sempre bene tutto lo spazio, la perizia tecnica dei vari strumentisti è veramente alta, a momenti sembra di ascoltarli da cd, il set presenta alcune canzoni dell’ultima produzione a molti classici su tutte spunta l’immancabile Vollmond, Poc Vecem, Herr Mannelig, Mein resend Herz e la conclusione viene affidata alla bellissima Omnia Sol Temperat un concerto verament con i fiocchi. Sempre dalla Germania ma con un suono molto più heavy abbiamo i bardi Blind Guardian, tutti si aspettavano la classica War of wrath di apertura invece una song di musica dance ha fatto da entrata per i bardi, in poco tempo dopo le risate la musica sfuma nell’ incipit di Sacred Worlds e finalmente si capisce di essere nella location giusta, Hansi questa sera dimostra di essere in ottima forma, la voce c’è e pure la presenza, alla chiamata Welcome to the show and Welcome to… Dying. Andre e Marcus si scambiano di posto in continuazione, l’impianto luci del camp viene sfruttato al massimo con sfumature di verdi, viola ricoprendo lo stage e i presenti finchè non cala Nightfall, seguita dalla violentissima Time Stand Still (at the Iron Hill) urlata anche dal pubblico più lontano, Turn the Page acconsente al pubblico di riprendere un po’ il fiato prima di ricevere in regalo la coppietta inattesa Time What is Time e Majesty. Hansi un po’ rattristato dice che per motivi di tempo sono costretti ad eliminare un po’ di canzoni e allora in rapida sequenza vengono eseguite Tanelorn (Into the Void), And thenthere was Silence, A Voice in the Dark e per finire le immancabili The Bard’s Song e Mirror Mirror. Un concerto veramente indimenticabile, gli unici dispiaceri sono stati l’assenza della splendida Valhalla e magari di un paio di brani dall’ultimo album comunque una bellissima prestazione per i bard che hanno dimostrato di non essere ancora da pensione come invece molti auspicavano.

 Metal Camp 2011 sabato 16

Eccoci giunti all'ultima giornata di questa manifestazione all'insegna dell'inferno, questo sabato  già si preannuncia come una giornata di fuoco, quindi quale miglior decisione se non di andare a fare un bagnetto nell'Isonzo in compagnia degli Amorphis? La giornata si apre con una vecchia gloria un po' decaduta: i Virgin Steel, gruppo che una decina di anni fa avrebbe potuto tranquillamente essere headliner del festival ora si trova a suonare alle tre del pomeriggio, il gruppo comunque sa il fatto suo, suonano alla perfezione e l'iterazione col pubblico è perfetta. Il frontman David DeFeis è un vero mattatore e la sua prestazione vocale è potentissima, purtroppo il tempo a loro disposizione è davvero poco e quindi il set è ridotto nelle sole By The Hammer of Zeus and the Wrecking Ball of Thor, Immortal I Stand, Defiance, Don't Say Goodbay


VIRGIN STEELE




 Sotto al main stage risuona un intro ripetitivo molto angosciante che tira per le lunghe, dopo svariate ripetizioni si presentano sul palco le figure dei Belphegor circondati da ossa e teschi e ben ricoperti di sangue. All'urlo “TOLMIN!” del cantante, si scatena l'inferno tra il pubblico in delirio. Tutti sono in gran forma eccetto il cantante che appare un po' affaticato e quasi tutte le parti in scream delle canzoni vengono trasformate in growl catacombali, il loro set è molto breve e incentrato principalmente sulle loro ultime released su tutte spuntano Rise to Fall and Fall to Rise, Impaled Upon the Tongue of Sathan, Stigma Diabolicum e l'immancabile conclusione dedicata agli Hour Of Penance (compagni di tour con i Deicide presenti sotto al palco) Lucifer Incestus. Un velocissimo cambio di palco anche perchè la strumentazione dei Belphegor era in comune. 


BELPHEGOR




Senza tanti fronzoli, intri o altro, ecco arrivare sullo stage la sagoma di Glenn Benton e dei compagni Deicide con una line up particolarmente strana, un solo chitarrista il simpaticissimo Jack Own (ex Cannibal Corpse) tutto comincia con To Hell with God, seguita a ruota da Homage for Satan e dalla doppietta Once upon the Cross e Scars of Crucefix il gruppo è preciso Glenn ha una voce da paura, Steve martella le pelli con precisione chirurgica, Jack purtroppo si ritrova un compito non da poco ovvero quello di non far notare l'assenza dell'altra chitarra, seppur Jack sia veramente bravo tale compito è impossibile e i dolori arrivano sulle parti solistiche di Serpent of the Light stuprata e resa irriconoscibile, Dessecration e When Satan Rules his World non finiscono meglio, peccato perchè il gruppo c'era e l'acustica era perfetta forse anche questo elemento non è stato molto favorevole comunque da rivedere sicuramente. Ora arriviamo a mettere un po' di carne sul fuoco con l'attesissima performance dei finnici Amorphis, sul fondo del palco spicca un maxi schermo dove verrano proiettate durante lo show immagini e video riguardanti il gruppo e le loro saghe nordiche. Tutto comincia con la nuovissima e bellissima My Enemy,Tomi Joutsen il frontman, questa sera ci presenta un nuovo microfono dalla vaga somiglianza con Enterprise della saga di Star Trek, Sky is Mine e The Smok portano il pubblico di Tolmin in un universo parallelo completamente stregati dalle note della chitarra della coppia Esa Holopainen e Tomi Koivusaari, You I Need ci lascia a bocca aperta, finchè non si torna alle origini della band con le violentissime Agains the Widows e My Kantele fanno ricordare a tutti che gli Amorphis sono ancora una band Death Metal, Silver Bride, The Castaway, House of Sleep pongono la parola fine ad una esibizione massiccia ed incantevole. Dopo tanto tempo trascorso sotto al main facciamo un passaggio al second stage per assistere all'esibizione dei tedeschi Varg ovvero “i lupi”. Come ci hanno già abituato da tempo si presentano in armatura di cuoio e facepaint rosso e nero, il loro Viking death è compatto, è un assalto puramente frontale non c'è un'attimo di tregua tra una song e l'altra, l'unico problema è il cantante che non è capace di conversare in inglese e forte di una presenza in massa teutonica sotto il palco, comincia a scherzare nella lingua madre così nel giro di poco tempo si riduce tutto in una sagra paesana con battute e scherzi che buona parte dei presenti non è in grado di comprendere. Sul palco maggiore c'è l'esibizione dell'ultimo gruppo grosso del festival e con un po' di rammarico per la fine di questa bellissima esperienza ci avviciniamo per assistere i grandissimi Kreator che sulle note della versione registrata di Choir of the Damned fanno il loro ingresso sulla ribalta, il palco è costruito con rampe e parti di architettura che posso rimembrare i fasti di un’antica città devastata dalla guerra, Hordes of Cheos fa scatenare il mosh pit e Warcurse, Pleasure to Kill Destroy What Destroy You danno il colpo di grazia. Mille e compagni ci danno il meglio delle loro possibilità, il respiro che ci viene donato con la bellissima Voices of the Dead è una mera illusione che viene spezzata subito dalla violenza di Enemy of God e da i cori a scuarciagola di tutti gli astanti per Phobia dove si vedono casi di pogo violentissimio. Non da meno accade con le successive People of the Lies e Reconquering the Throne ci troviamo di fronte ad uno show spezza ossa la pace di The Patriarch può solo anticipare Violent Revolution e la terrificante Betrayer. A questo punto della serata si potrebbe anche essere felici di non essere stati mutilati nei vari mosh violentissimi invece come ogni buon boia la scure cade sempre alla fine e come è giusto che sia Flag of Hate / Tormentor fanno al caso nostro e dopo un ovazione infinita i Kreator ci salutanano.
Arrivederci al metalcamp 2012!!! 

GROWL in Italy!

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